Camporeggiano
Abbazia di San Bartolomeo
Descrizione
A circa diciotto chilometri da Gubbio, sulla ss 219, si incontra la frazione di Camporeggiano, situata ai piedi di una piccola altura, vocabolo di Monte Cavallo, in cima alla quale si intravedono i ruderi del castello già dimora feudale della nobile famiglia Gabrielli.
Il castello era sorto attorno all’antica torre nel VI o VII secolo costruita a guardia della valle che faceva parte del famoso “Corridoio Bizantino” che univa Roma a Ravenna al tempo dei Longobardi.
Nel marzo 1007, Pietro, Giovanni, Rodolfo e la madre Rocia Gabrielli, dopo aver liberato gli schiavi e i servi della gleba, donarono a Pietro Damiani, priore dell’eremo di S. Croce di Fonte Avellana, l’intera proprietà costituita dal castello di Montecavallo, dalla “villa” di Camporeggiano con la chiesa esistente e numerosi appezzamenti di terra; unica condizione la erezione di un monastero in onore dell’apostolo S. Bartolomeo.
L’Abbazia intitolata proprio a quel santo venne edificata in breve tempo: l’anno successivo (1058), infatti, un gruppo di monaci di Fonte Avellana, con al seguito servi, maestranze e specifiche attrezzature, si trasferì nella zona per dar inizio all’edificazione della “sacra fabbrica”.
Primo abate del Monastero (la cui costruzione si vuole terminata nel 1067) fu Giovanni Gabrielli, mentre i fratelli Rodolfo e Pietro si ritirarono nel monastero di Fonte Avellana. Non si sa se il monastero venne edificato ex novo o su di una struttura già esistente.
Il monastero conobbe subito un notevole sviluppo, e l’Abbazia ricca di possedimenti, tanto che le proprietà si estendevano nei comuni di Montone, Città di Castello e Umbertide.
In conseguenza a ciò, il 25 gennaio 1063 intervenne papa Alessandro II: il Monastero fu sottomesso alla Santa Sede e, dopo aver giurato fedeltà all’Abbazia di Fonte Avellana, fu esentato da ogni giurisdizione “a caritate eremi Fontis Avellanae non recedat”.
Unito nel 1419 al monastero di San Pietro di Gubbio, nel 1505 fu ceduto alla congregazione degli olivetani, di cui, fonti storiche, ci dicono che istallarono anche una” vetriera” in uno degli edifici circostanti, verso la fine del 1700.
Anticamente, annesso all’abbazia, vi era anche un piccolo ospedale a testimonianza del fatto che la strada in cui esso sorgeva era transitata da numerosi pellegrini.
Nel 1860, in conseguenza alla deleteria “Soppressione Italica” (legge “Pepoli”), il Monastero e tutti i suoi possessi furono demaniati e venduti a privati.
Architettura
In epoca imprecisata, la chiesa abbaziale subì un complessivo rifacimento, che ne modificò sostanzialmente l’aspetto. Ciò può essere dedotto da una certa difformità nel rivestimento murario delle pareti, dalla posizione della facciata e dalla non corrispondenza tra la zona presbiteriale della cripta e quella della chiesa superiore.
Recentemente l’edificio ha subito un accurato intervento di restauro, che ha cercato di ridonargli il primitivo splendore.
Oggi la chiesa è sede della parrocchia di S. Bartolomeo; in puro stile romanico, presenta la pianta basilicale costituita da tre navate con presbiterio sopraelevato e sottostante cripta cui si accede per due scalinate laterali. Sono riferibili all’edificio romanico originario le arcate, i pilastri e la cripta.
La chiesa è caratterizzata da una pianta ad aula basilicale, con la facciata arretrata all’inizio della seconda campata.
La prima campata sorregge la tettoia che funge da porticato.
L’interno, suddiviso in tre navate, vede una copertura a capriate lignee.
L’abside è semicircolare e la zona presbiteriale è rialzata per ospitare la sottostante cripta.
Quest’ultima risulta divisa in tre navate di due campate ciascuna, che si sviluppano su una pianta rettangolare.
La copertura è a crociera, sorretta da tre antiche colonne di recupero con degli insoliti capitelli troncopiramidali rovesciati del sec. XI e si
conclude in tre absidi semicircolari.